Se si legge l’Antico Testamento come la storia dell’umanità rivelata da Dio e quindi anche come testimonianza di Verità, ne risulta un miscuglio di inesattezze, di incongruenze logiche, scientifiche e assurdità morali. Se si leggesse la Divina Commedia come verità rivelata, risulterebbe parimenti assurda. Però l’opera di Dante è un’allegoria poetica e armoniosa, inventata da un genio assoluto e nessuno ha mai osato affermare che fosse una testimonianza della Verità. È una grandiosa opera d’arte.
Forse sarebbe considerata un’opera d’arte anche la Bibbia se fosse letta come una lunga favola allegorica? Forse, ma non di quelle da leggere ai propri figli o nipoti prima della nanna e sicuramente avrebbe un valore letterario inferiore rispetto alla Commedia dantesca, al Paradiso di Milton, ai mirabolanti Viaggi di Gulliver, all’Orlando furioso, innamorato e via dicendo.
Saramago parte dal fatto che per molti la Bibbia non è una pura invenzione, che gran parte dell’umanità non la considera e non l’ha mai considerata per secoli una storia di pura fantasia. Così il Nostro dimentica per una volta il suo ateismo e, usando la sua abile penna, combatte il racconto “rivelato” dal Dio giudaico-cristiano sul suo stesso campo, usando le sue stesse armi. Ne risulta un racconto ironico e divertente che fa riflettere soprattutto i credenti, perché a loro è principalmente indirizzato.
Caino rappresenta l’uomo con la sua forza e le sue debolezze, con la sua intelligenza e le sue pulsioni e soprattutto non è né cattivo né buono, ma un insieme delle due cose. Egli salva Isacco dal sacrificio che Abramo sta per compiere sul figlio, ma va fino in fondo quando decide di uccidere la famiglia di Noè per gettare alle ortiche il perfido progetto della divinità. Il dio di Saramago è il secondo protagonista del racconto. Irascibile, vendicativo, disordinato, indeciso e illogicamente, inutilmente cattivo. Questo dio supera in malvagità persino Satana che appare davvero un povero diavolo al suo confronto. Insomma non è assolutamente onnisciente, onnipotente e infinitamente buono come ci hanno insegnato da bambini.
In conclusione, Caino è il protagonista di un racconto che rivaluta la figura dell’uomo assegnandogli il ruolo di ribelle contro l’ideologia religiosa. Egli rappresenta il raziocinio contrapposto alla cieca ubbidienza, lo spirito libero contro la sottomissione acritica.
Alla fine del racconto la satira diventa assoluta padrona della storia: il finale deciso da dio viene completamente stravolto, annullato e con esso la creazione stessa dell’umanità così come dio l’aveva concepita.
Unica nota negativa: la sciagurata scelta dell’autore (o dell’editore) di scrivere senza punteggiatura. Quale valore narrativo aggiunto acquista un libro scritto tutto di seguito, dove i discorsi diretti sono segnati solo dalla maiuscola e nient’altro?