Noi siamo il tempo perché noi siamo nel tempo.
Rovelli inizia affermando che non c’è solo un tempo ma ce ne sono tantissimi. Uno per ogni punto dello spazio, diverso a seconda della velocità. Poi afferma che nelle leggi elementari che descrivono i meccanismi del mondo il tempo sparisce, non appare più. Non c’è differenza fra passato e futuro e il presente per l’universo non ha alcun senso. Ce n’è a sufficienza per essere frastornati. Poi l’autore si mette alla ricerca del tempo perduto, scomparso e lo trova nel secondo principio della termodinamica. Solo quando il calore viene coinvolto, dice, la freccia del tempo torna in gioco. È la nostra incapacità di vedere il microcosmo, la nostra miopia, che ci consente di vedere la differenza fra passato e futuro e non è solo una questione ontologica, cioè non è solo legata al nostro esistere ma e soprattutto legata alle nostre emozioni. Noi sentiamo lo scorrere del tempo perché solo così ci possiamo localizzare nel cambiamento. Attraverso il mutamento noi percepiamo il tempo e il mondo non è costituito da cose che sono ma da eventi che accadono. Quindi la realtà è cambiamento e il tempo è la struttura delle relazioni fra i vari eventi percepita, a causa della nostra miopia, a livello macroscopico.
Una cosa che appare da questa lettura è che se c’è una cosa che è chiara delle scoperte della fisica dell’ultimo secolo è che nulla è veramente come appare ai nostri sensi. Il tempo in particolare anche se è una dimensione con cui facciamo i conti in ogni istante della nostra vita, siamo noi, perché sta nella nostra mente come memoria, ricordo, previsione, nostalgia, sentimento. Esso è la fotografia più limpida e chiara della nostra condizione umana.