Teresa Ciabatti.

Teresa Ciabatti, uno scrittrice con uno stile tutto suo.

La narrazione è sicuramente interessante, lo stile così fluido e sincopato al tempo stesso, originale ma non artificioso, lo trovo adeguato a ciò che l’autrice intende comunicare: un flusso di pensieri, una narrazione, esposta come a pezzetti di puzzle che dovrebbe servire ad analizzare in profondità il motivo per cui lei, Teresa Ciabatti quarantaquattrenne, è diventata quello che è. L’autrice compie una auto-psicanalisi sincera, senza però avere gli strumenti tecnici per mettere in luce ciò che può veramente aiutarla a capire, perché in definitiva chi narra sembra ancora una bambina anche se parla con proprietà di linguaggio di un’adulta. L’analisi quindi fallisce: Teresa ci apre il suo cuore e confessa una serie infinita di sofferenze, di frammenti di vita senza riuscire veramente a giungere a una conclusione, a trovare la soluzione ai suoi problemi. La Teresa quarantenne ha più problemi della Teresa bambina.

Dovendo esprimere un giudizio su LA PIÙ AMATA di Teresa Ciabatti, devo distinguere con cura ciò che mi è piaciuto da ciò che mi ha infastidito.
Il lettore da parte sua cerca di trovare il filo della matassa ma la scrittrice lo ingarbuglia e sembra non volere alla fine giungere a un finale. Teresa non svela, dice e non dice, accenna e poi nega, mette dubbi ma non svela. Alla fine tutti quelli che sapevano o sono morti o non “vogliono parlare del passato” come “zia” Ambra.
Ciò che mi ha infastidito di più è l’episodio cardine, il sequestro del padre che diventa un evento fumoso e non raccontato. Tutto è lasciato alla voce di Teresa bambina che non sa o non vuole veramente sapere.
I personaggi della madre e del padre sono molto ben delineati, mentre la protagonista risulta essere veramente odiosa: troppo arrogante, troppo egoista, troppo bambina anche da adulta.