Un’antologia di sfortune. L’infanzia difficile, il matrimonio con un uomo depresso, la nascita di un figlio non certo sanissimo che poi si scopre anche malato di epilessia, il tradimento del marito e la sua conseguente fuga da casa, nascita di un nuovo amore con un pastore protestante abbandonato dalla moglie dopo la scomparsa del loro unico figlio e per finire, ciliegina sulla torta, il tumore al cervello per la protagonista. Troppe per una storia sola.
Il romanzo è scritto bene, per carità, con momenti di vera poesia, ma anche con frasi fatte non sempre condivisibili, come “Chi accresce il sapere aumenta il dolore” Di che tipo di “sapere” si parla? Bisognerebbe distinguere tra il sapere della teologia dal “sapere” della scienza. Di solito è l’ignoranza che accresce il dolore, o no?
Inoltre io credo che chi ha fede deve, ripeto, deve assolutamente evitare di asserire con sicumera che cosa sono e che cosa provano gli atei. Un non credente non è necessariamente uno deprivato dell’amore, incapace di provare sensazioni spirituali, non è necessariamente immerso nel vuoto cosmico del suo nichilismo.
Spesso un non credente non è affatto un nichilista, come viene asserito dalla teologa autrice per bocca del pastore protestante, egli è invece un cercatore di verità, non un negatore della divinità, è prima di tutto un umanista che riesce spesso a trovare nell’uomo e nelle leggi della Natura ciò che i credenti trovano in Dio e in tutte le schiere dei santi e dei profeti.