Le piume di Gramellini
Le piume dell’angelo custode Filemone, che a prima vista appaiono così lievi e candide, sono in realtà una coltre tutt’altro che impalpabile. Sorreggono tutto il peso morale, tutta la conoscenza dell’animo umano che una guida spirituale deve avere. Come tutte le guide spirituali che si rispettano, Filemone parla con gli imperativi e ha una risposta ad ogni domanda, una soluzione ad ogni problema. È un Grillo parlante, un consigliere infaticabile, conoscitore enciclopedico di ogni debolezza umana alla quale sa opporre una miriade di aforismi, motti, sentenze, è sempre puntuale, preciso, giusto, arguto ed è anche un raffinato pittore di immagini poetiche. In una parola e “angelico”. Ma “è” un angelo, direte voi. No, rispondo io, è Massimo Gramellini: un giornalista che conosce il proprio mestiere, che sa vedere gli angoli bui e le debolezze della società di oggi e che qui dimostra di conoscere anche quelli della psiche umana. L’angelico Filemone/Gramellini sa toccare le corde giuste per rimettere la disorientata e credibilissima Gioconda/Gamberale sui binari della vita per condurla per mano a (ri)conoscere se stessa e ad apprezzare i valori esistenziali che le erano sfuggiti di vista. Però, mentre Gioconda, insicura e terrestre, alla fine conquista sicurezza e consapevolezza di sé, Filemone resta fino in fondo troppo celestiale. Se alla fine smettesse i panni, o meglio la tunica da angelo, egli acquisterebbe una dimensione narrativamente credibile. Per un attimo sembra farlo, quando svela la sua vera identità. Potrebbe acquistare spessore drammatico, invece, il Filemone terreno è un ex mortale che ha vissuto una vita angelica, che è stato un innamorato eterno, ideale, come Romeo, come Tristano: un uomo destinato alla rinuncia e al sacrificio, illuminato dall’Amore con una A, non maiuscola, gigantesca. Allora, un lettore come me che, avendo deciso di leggere questo racconto ha evidentemente accantonato provvisoriamente i suoi principi illuministici e ha deciso di aprirsi ad ogni possibilità, anche la più favolistica e spirituale, un lettore come me, dicevo, si aspetterebbe un risvolto di tipo psicologico, una soluzione anche se non propriamente freudiana, almeno analitica. No, il povero lettore viene gettato nell’amalgama nebuloso di una metempsicosi in salsa occidentale, una teoria che ha ispirato e ispirerà le fiabe holliwoodiane della serie: “Il Paradiso può attendere”.
Per carità va tutto bene, la lettura è anche e soprattutto divertissement, però, almeno, Gramellini eviti di asserire nei suoi commenti sui media che il suo personaggio è solo l’esemplificazione della voce interiore di ogni essere umano: se ti sei pentito del finale, Massimo, mi sembra sia un po’ troppo tardi.
Apprezzabile il metodo narrativo della doppia voce, la diversità di stile rende il dialogo credibile nonostante il contesto trascendentale.